Diego Broggio: dai DB Boulevard a Jaywork
Lorenzo Tiezzi intervista Diego Broggio per AllaDiscoteca
Diego Broggio: dai DB Boulevard a Jaywork – Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Diego Broggio, uno dei più storici dj italiani. Dietro al successo assoluto di progetti come DB Boulevard, che con “Point of View” (2001) hanno fatto emozionare e ballare mezzo mondo, c’è anche lui. Anzi è ovvio che ci sia soprattutto lui, perché DB sta per Diego Broggio.
“Point of View”, come “L’Amour Toujours” di Gigi D’Agostino e pochissimi altri brani prodotti in Italia negli anni ’90 e 2000, non è un pezzo del passato che ci piace ricordare nelle serate “remember”. E’ un capolavoro, una (piccola o grande, a ognuno il suo parere) poesia.
E le poesie sono quelle che cose che rimarranno per sempre, come i Daft Punk, come certi pezzi di Moby, come i classici pop dance. Chi scrive ricorderà per sempre le serate al Rebecca di Castelli Calepio (BG) quando il dj di turno metteva quel pezzo magico. Spesso era Paolo Noise, che era bruttino come oggi ma era già bravo. Perché la musica quando è così è magica, non invecchia. Resta.
Senza la minima polemica, non credo di sapere canticchiare nessuna delle hit di Martin Garrix, mentre “Point of View” me la ricordo benissimo, così come le hit di Guetta, dei Daft Punk…. E per me, proprio come “L’Amour Toujours”, “Point of View” è un eterno finale. Sarà per sempre nel mio cuore.
Ma torniamo al punto. Nel passato di Diego Broggio, un vero professionista della musica, uno che oggi parla soprattutto di musica e del futuro della musica e non di sé (come tutti i grandi che ho avuto la fortuna di intervistare, Sven Vath per primo) c’è anche tanto altro.
Ad esempio, nel passato di Diego Broggio c’è una società con lui ha gestito a lungo discoteche, soprattutto nel suo Veneto. “Conosco Luca Peruzzi, che per un bel po’ di tempo è stato dj resident di uno dei nostri locali da una vita e che oggi gestisce Jaywork Music Group“, racconta Diego. “Quando mi ha chiesto di dargli una mano come A&R e non solo soprattutto per una delle label, Streetlab, ho detto di sì molto volentieri. Perché proprio oggi che tutti mollano, mi piace supportare qualcuno che invece continua”.
Diego Broggio: dai DB Boulevard a Jaywork
Hai già qualche nuovo progetto in cantiere?
“Sì credo di avere per le mani qualcosa di molto immediato e di qualità. Abbiamo due pezzi in uscita e altri in lavorazione… Invece di poter ‘piazzare’ i brani alle varie label, è bello potersi concentrare su qualcosa che sia anche mio. Credo che la musica di successo sia soprattutto un lavoro collettivo.
Non sei quindi rimasto con le mani in mano in questo periodo?
No. La musica è sempre stata nelle mie giornate. Negli ultimi anni il modo di produrre musica è cambiato perché sono finiti i soldi. Mi spiego: troppi progetti, anni fa, si sono dovuti fermare per problemi di diritti e litigi: Catherine dei Black Box, Moony, Davoli, etc. Un certo tipo di dance, quella che andava prima in discoteca e poi in radio, è finito… per questo tutti si sono messi a fare tracce, che, pur belle, raramente possono combattere con quelle di Guetta & company. In Italia già ci sono pochi artisti, poi ci mangiamo tra di noi… Il movimento techno è un po’ diverso, forse, ma fenomeni tipo Gala o Spiller non ci saranno mai più. Anzi, l’ultimo con DB Boulevard sono stato io.
Che periodo era?
Musicalmente tra anni 90 ed inizio anni 2000 c’erano grandi possibilità, ma c’erano contratti capestro, invidie, bugie. Oggi è cambiato tutto, al punto di vista musicale, grazie all’EDM e a fenomeno mondiali come Avicii…
E forse le sonorità pop dance, le vostre, sono diventate patrimonio di artisti che fino ai primi anni 2000 facevano tutt’altro. Negli anni ’90, la serie A della musica era il pop rock, in radio passavano i Nirvana.
Oggi invece Purple Disco Machine o Guetta sono ‘entrati’ nel vostro territorio, quello dei dj italiani che ovviamente si sono trovati in difficoltà.
E certe sonorità dance sono ormai del tutto pop, che so quelle de La Rappresentante di Lista.
Sì, in tanti sono buttati nel nostro mondo, quello della musica elettronica. E molti sono bravissimi.
Madame, che è veneta come me è fantastica. Va messa nella categoria di quelli bravi, ma bravi proprio.
Ed è un progetto curato da Caterina Caselli, una delle poche veri discografici italiani, che ha cresciuto Madame come fosse un brand di nicchia o una popstar internazionale.
Ecco, spero, pian piano con Luca Peruzzi e Jaywork di creare una realtà collettiva che possa aiutare a trovare talenti di questo tipo. Ricevo un sacco di demo, alcuni di qualità… ma non riesco a fare tutto da solo. Gli artisti giovani spesso sono arroganti e fanno anche bene. Gestirli non è facile. Solo insieme possiamo provare a costruire qualcosa. Quando ho avuto successo come DB Boulevard non c’erano i social e non sono diventato una popstar… oggi è tutto diverso, ma non più facile.
La musica oggi è molto “plastificata”, molto ben arrangiata, ma l’anima degli artisti si sente poco…
E’ vero. Un mio amico qualche anno fa curava le versioni più tirate dei miei brani. Era Sam Paganini, che oggi è diventato un dj techno molto importante… proprio perché è riuscito a far sentire la sua anima nella sua musica. Cocoon, su cui uscirono i suoi primi brani importanti, si occupa anche di booking.
Ed è proprio questo che ha fatto la differenza, perché la musica da sola non basta. Ci vuole anche tutto il resto.
Dopo tutti questi anni nella musica, hai capito come nasce un successo musicale?
Per creare un successo vogliono più persone, tutte insieme, unite in un progetto comune in cui non ci siano invidie ma una visione comune. Ognuna parla con la sua anima ad un certo tipo di persone. Facendo A + B non succede niente, ma facendo A + C, chissà…
E come dicevo, c’è sempre il lato management / editoriale che conta moltissimo.
Da soli non si costruisce niente.
Questa pandemia ci ha aiutato a capirlo?
Non credo. Mi sembra appunto che stiano mollando in tanti perché non girano più soldi. Ma c’è anche chi rilancia. “Groovejet” di Spiller, master ed edizioni, se la sta comprando Simon Dunmore di Defected. A loro servirà per andare avanti con i loro progetti tra cui Glitterbox.
Già Defected. Nei primi anni 2000 mi dicevano che era vecchia. Ma loro sono ancora lì. Anche con i loro party, in cui coinvolgono dj come Purple Disco Machine, che non è mica British… forse l’idea del gruppo è davvero vincente. E qui in Italia non l’abbiamo mai voluta mettere in campo.
Ad esempio, non c’era certo tutto questo “gruppo” in Media Records, dove ogni artista lavorava per sé. E non mi sembra di vederla in tante realtà italiane del clubbing o della discografia. E’ un problema.
Abbiamo bisogno di metterci insieme, come sanno fare certe realtà estere.
Faccio un esempio concreto.
La prima bozza di “Point of View” la creò un ragazzo che suonava in un gruppo punk. Mettendo insieme un certo groove, le chitarre… creammo un brano che piaceva alla ragazze perché un po’ malinconico.
Tutto nacque, come sempre nella musica, da un gruppo di persone che stava bene e si voleva bene. La musica di successo nasce sempre così…
Il mio obiettivo, in questa nuova avventura con Jaywork è creare un’atmosfera di questo tipo.
Lorenzo Tiezzi x AllaDiscoteca